_ La pellicola è morta?
– Ciao, come va?
Spero la tua risposta sia: benissimo, ottimamente, o magnificamemte!
Comincerò questo articolo con una storia, una fiaba, e come si dice nel marketing, questo è storytelling.
C’era una volta,
negli anni bui dell’immagine, una piccola scatola di legno, chiusa in tutti i lati, tranne che un piccolo forellino al centro di una faccia; sulla parete opposta stava adagiata una lastra di peltro, con sopra uno strano impasto composto da bitume di Giudea, e altre strane sostanze. In verità non era la prima volta che si miscelavano sostanze del genere, ma questa fu la prima e più affascianate esperienza.
Il proprietario di questa magica scatolina, si chiamava Joseph Nicéphore Niépce, e passava il suo tempo a fare esperimenti.
Un giorno del 1826, egli lasciò questa magica scatola sopra il terrazzo della sua casa per tutta la giornata; alla sera, andò a prenderla, e presa la lastra di peltro e bitume, la immerse dentro degli strani liquidi.
Quasi svenne dall’emozione, quando vide cosa appariva sotto ai suoi occhi. Magicamente la piccola lastra gli permetteva di vedere cosa c’era davanti al terrazzo di casa, come se lui stesso fosse sul posto.
Dal quel momento, nacque in lui la voglia di permettere a tutti di bloccare la realtà sopra una lastra, proprio come capitò a lui.
Di acqua sotto i ponti ne passò tanta, e anche altri, affascinati da quest’arte misteriosa, seguirono lo stesso percorso, anche con modi e sistemi differenti.
A noi oggi sembrerebbe strano, trovarci davanti un signore che nasconde la testa sotto un nero mantello, armato di uno strano congegno che emette una luce abbagliante, ma anche questo fu una delle grandi opere che permisero, e ci permettono, anche oggi, di vedere come erano i nostri antenati.
Era l’anno 1826, e quella del signor Joseph Nicéphore Niépce, fu la prima fotografia realizzata.
Ci vollero ben otto ore di esposizione, un tempo infinito se paragonato agli strumenti odierni, ma volete mettere l’emozione di attendere tanto tempo per vedere cosa ci restituisce un raggio di luce?
E’ come aspettare un figlio per nove mesi, senza fare l’ecografia, e poi avere il gusto della sorpresa: maschio o femmina?
Discutevo di questo poco tempo fa, a chi mi diceva che la fotografia digitale è la migliore invenzione di questi ultimi anni. Non nego che sia di grande utilità, infatti senza le nuove tecnologie digitali, molte immagini di eventi importanti e irripetibili sarebbero andate perdute.
Ma quando si tratta di fare una foto unica, preferisco la pellicola; pensare a cosa voglio ottenere e poi magari calcolarmi i tempi e l’apertura del diaframma, e immaginarmi al tempo stesso cosa avrò come risultato. Considerando anche che amo scattare con apparecchi molto vecchi e senza automatismi, ogni foto per me è un ‘opera d’arte, con tutti i difetti del mondo, ma assolutamente irripetibile; se dovessero chiedermi di rifare la stessa foto son sicuro che non ci riuscirei, come può succedere a un qualsiasi artista.
La pellicola non è morta, come non è morta la musica dei dischi in vinile; il digitale ha affiancato e affiancherà l’analogico, ma non potrà mai darci le stesse emozioni.
Se non si vuole che muoia una parte del nostro essere umani, con intelligenza e coscienza, non abbandoniamo la pellicola. Ciao.
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