La Camera Oscura – Come si fa…

Ciao e bentornati…
Moltissimi di quelli che ancora lavorano con l’analogico prima o poi sentono il richiamo per la camera oscura, soprattutto lavorando in B/W, perchè questa è la tecnica che attira sempre più proseliti, sia per la facilità di sviluppo, sia per la reperibilità delle attrezzature necessarie.
La camera oscura ha sempre avuto il suo fascino, e io stesso ricordo quando già da bambino ho avuto la fortuna di poter vedere un laboratorio fotografico, e vedere lo stregone-fotografo che spariva nel nulla, avvolto dall’oscurità di quella stanza dei segreti: la camera oscura.
Una cosa devo dirvi: la mia prima volta da solo, al buio completo, intento a provare il caricamento della spirale, è stato un attimo di panico… cento volte avevo provato il caricamento chiudendo solo gli occhi, ma sempre in una normale stanza, ben sapendo che riaprendoli avrei visto la luce, ma in quel momento, anche tenedoli aperti vedevo solo il buio. Da allora ho adottato un semplice trucco… quando lavoro al buio, tengo gli occhi chiusi…
Comunque tranquilli, molte altre cose le potete fare con la luce di sicurezza, rossa o anche gialla…
Comunque lo scopo di questo articolo, è illustrare le nozioni base, sia come allestire la camera oscura, sia come muovere i primi passi.
Quello che segue è un articolo condiviso dall’amico fotografo Gino Mazzanobile, che ha una grande esperienza di camera oscura, di chimici, e di tecniche. Buona lettura.

 

Stampa del bianco e nero in camera oscura – di Gino Mazzanobile

(dal negativo alla stampa finale)

gino  camera oscura 72dpi

Un buon negativo è caratterizzato da una ricchezza di toni completa, che si estendono dalle ombre alle luci. In stampa con creatività e divertimento, tipicità che più mi affascinano del trattamento del bianconero, cerco di tradurre così sulla carta le informazioni contenute sulla pellicola.
Preparata la camera oscura con la “luce rossa di sicurezza”, che mi consente peraltro di muovermi all’interno del locale, posiziono sul tavolo di lavoro l’ingranditore. E’ lo strumento che permette di proiettare e ingrandire l’immagine sul foglio di carta sensibile. Le bacinelle con i rispettivi liquidi di sviluppo, arresto e fissaggio per le copie che andrò a processare sono poco distanti dall’ingranditore.

 

Prepariamoci a stampare

Una volta scelti i negativi da stampare, dovremo decidere quale risultato ottenere.  Si dovrà decidere il formato d’ingrandimento più adatto, se stampare l’intera superficie di un fotogramma o viceversa tagliare il soggetto, se ad un certo negativo più si addicono una carta a tono caldo o una a tono freddo. Dovremo decidere anche la gradazione del contrasto, il tipo di esposizione, se mascherare o bruciare una o più zone dell’immagine.  Andiamo con ordine.
Ad un primo approccio tutto ciò potrà confonderci, ma tuttavia sarà sufficiente rendersi conto in che misura ognuna di queste decisioni influirà sul risultato finale e quindi mettere in pratica  tutte le conoscenze tecniche di cui si dispone; l’aiuto maggiore non potremo che darcelo da soli con una seria e costante sperimentazione.
Nel corso del tempo ben presto ci accorgeremo se il nostro modo di stampare, se i nostri orientamenti estetici e stilistici non saranno uguali nel tempo.  Bisognerà valutare di volta in volta il dover passare attraverso vari stadi: quello della stampa a toni bassi o low-key ,  dove sono le ombre a caratterizzare un’immagine, oppure di quella a toni alti o  high-key, quando sarà, invece, la prevalenza delle altre luci a valorizzare un’atmosfera.  Sarà così che la nostra abilità testimonierà la nostra visione del mondo, mentre la bellezza di questa attività e la soddisfazione di stampare da soli le proprie fotografie saranno la miglior ricompensa per le iniziali fatiche.
Posiziono il negativo, avendo curato la pulizia dello stesso con un panno antistatico e dell’aria compressa, dentro il porta negativi dell’ingranditore e scelgo l’inquadratura alzando o abbassando la colonna della testa dell’ingranditore stesso. Aiutato da un focometro, attraverso il quale ottengo una messa a fuoco perfetta, inserisco il filtro rosso di sicurezza. Chiudo il diaframma a f8, e mi preparo per la realizzazione di un provino. Con il provino che consiglio vivamente, per non sprecare inutilmente tanta carta, ottengo una serie di esposizioni su una parte dell’immagine che reputo interessante.
Colloco così sotto l’ingranditore una striscia di carta sensibile politenata o baritata che espongo interamente ad esempio cinque secondi; poi copro una parte della striscia con un foglio di cartoncino nero, e espongo per altri cinque secondi, e via così. Alla fine, la prima zona esposta avrà ricevuto soli cinque secondi di esposizione, la seconda di dieci e l’ultima la somma di tutte le pose successive.

durst m601

Annoto sempre sul retro della striscia di prova il tempo, il diaframma, il numero del filtro di contrasto se uso carta a contrasto variabile e l’altezza dell’ingranditore. Inserisco la striscia appena stampata, nella bacinella dello sviluppo, l’immagine appare poco alla volta. E’ un momento veramente magico sempre emozionante. Utilizzando ad esempio carta a contrasto variabile politenata, muovo di tanto in tanto nella bacinella dello sviluppo la striscia di prova, in circa sessanta secondi l’immagine è rivelata completamente.
Con carta baritata, la permanenza della striscia nella bacinella si aggira a circa tre minuti. Successivamente immergo la striscia nel bagno d’arresto per pochi secondi e quindi nel fissaggio; dopo un breve lavaggio, tanto è un provino, controllo sommariamente una volta asciutto, sia il tempo di posa che il contrasto.  Voglio ricordare che le stampe una volta asciutte tendono a scurire.
Valutare il contrasto non è facile, si controlla con le gradazioni dei filtri. Una buona stampa deve mostrare, se presenti nell’immagine, neri profondi, bianchi puliti e una giusta estensione dei grigi.
Soddisfatto del provino, espongo il foglio di carta nella sua completezza.

dark 5

Ma non finisce qui. Per migliorare il contrasto locale delle stampe, impiego due tecniche complementari: la ”mascheratura e la bruciatura”.
Tali tecniche si rendono necessarie quando un valore medio di esposizione non è sufficiente a riprodurre in modo equilibrato la gamma tonale dell’immagine. Nel tempo, ho realizzato con del comune filo di ferro e del cartoncino nero, delle sagome di forma e grandezza corrispondenti alle aree da bruciare o da mascherare adattandoli alle mie esigenze.
Un esempio di mascheratura/bruciatura è facilmente eseguibile se devo stampare ad esempio un cielo sovresposto all’atto della ripresa di un paesaggio. Infatti nella stampa senza interventi, il cielo si presenterà come una zona bianca e priva di significato, per aumentarne la leggibilità, effettuo delle bruciature eseguendo una seconda esposizione solo sulla parte del cielo, mascherando il resto della foto che ha raggiunto una corretta esposizione, quindi opero localmente su ciò che voglio che appaia in maniera corretta.
Sommariamente occorrono queste procedure per produrre stampe normali, se poi parliamo di stampe “fine art” il lavoro è più complesso molto delicato, quello che conta è la combinazione di più fasi all’interno dell’intero procedimento che richiedono precisione e anche una certa dose di abilità che si acquisisce con il tempo e la perseveranza.

carta da stampa

Per stampare bene “imparare a vedere” è fondamentale, dipende dall’esperienza e dalla creatività che possiede ciascuno di noi, posso affermare che per usare il bianconero e realizzare buone stampe occorre innanzitutto vedere in bianconero. Certo, in un mondo dove tutto è a colori che senso ha? E’ una domanda che mi sono sempre posto ma appassionato quale sono all’arte fotografica, specialmente del bianconero, sono entrato da subito nell’ottica di imparare a sviluppare e stampare i miei negativi, in quanto la fotografia è il mezzo che mi consente di raggiungere un fine, che è quello di ottenere un’immagine che abbia un senso e uno scopo.

 

pellicole

Chi vuole cimentarsi oggi nell’era del digitale con il bianconero, può fermarsi esclusivamente alla semplice operazione di premere il pulsante di scatto di una fotocamera sia essa digitale che analogica nel puro intento di documentare un fatto, una situazione e affidare dopo il proprio materiale, ad un laboratorio fotografico che nel giro di qualche minuto è in grado di  restituire stampe già belle e pronte.
Fatte le dovute eccezioni nel campo veramente professionale, oggi è veramente raro trovare laboratori capaci di trattare le pellicole bianconero secondo i canoni, lo stile e i desideri del fotografo, tuttavia affinché ciò si avveri, chi effettua la ripresa, può scegliere se e come eseguire personalmente il trattamento del suo materiale. In questa sede tenteremo di spiegarvi come.
La completa padronanza del procedimento fotografico deve essere la consapevolezza  di materializzare in Camera Oscura il nostro modo di interpretare la realtà.
Probabilmente tanti di voi  hanno ritenuto difficile o quasi impossibile trovare nella propria casa uno spazio per realizzare una Camera Oscura, tutto ciò di cui si ha bisogno è una stanza che ogni tanto si possa oscurare e nella quale muoversi agevolmente.  Con un minimo d’ingegnosità, può essere sufficiente piazzare un tendaggio scuro all’interno di un locale che consente di isolarsi per il tempo strettamente necessario per esporre e sviluppare la carta sensibile, o quando si dovrà inserire la pellicola nella tank per lo sviluppo della stessa.
Per chi invece possedesse una cantina, un garage, uno sgabuzzino e soprattutto voglia di sperimentare, con poca spesa può realizzare una efficiente Camera Oscura, tutto dipende dal budget a disposizione ma ancor più dalla voglia di dedicarsi con amore alle proprie immagini.
Le esigenze di una Camera Oscura sono molto modeste, oltre ai chimici ed alle carte nei vari formati, è indispensabile l’ingranditore, un marginatore, un timer, alcune bacinelle, un paio di boccali graduati, forbici, focometro, guanti in lattice e una lampada di sicurezza. Si dovrebbe poi disporre di una presa d’acqua corrente e relativo scarico anche all’esterno del locale e non dovrebbe mancare una presa di corrente unitamente alla possibilità di un piccolo ricambio di aria e un perfetto sistema di oscuramento reso possibile da qualche scampolo di tessuto nero e dall’insostituibile velcro.
Seguendo le regole citate dai maestri della fotografia, ben presto chi desidera sperimentare con tenacia e mente aperta, riuscirà ad ottenere un negativo tecnicamente perfetto e, se ne avrà capacità, in camera oscura, dove i riti sono nati con la fotografia e non sono cambiati nel tempo, lì dove avviene sempre qualcosa di veramente magico, potrà stamparlo così com’e o sovvertirlo del tutto.  “La vera magia della fotografia è anche questa”.

 

apettando qualcuno

4401 Total Views 1 Views Today
Translate »